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Testi e documenti

Recensioni e segnalazioni
Vortice di libri


Spazio per segnalare e commentare testi e documenti che mi stimolano a dire delle cose.



30 gennaio 2016



       ADONIS     
    Violenza e islam
     (edizioni Guanda)
    
Adonis, pseudonimo di Alī Ahmad Sa'īd Isbir è un poeta e saggista siriano, riconosciuto come uno dei più importanti poeti e intellettuali del mondo arabo. Nato in un villaggio siriano da una famiglia di origine contadina ha studiato all’università di Damasco laureandosi in filosofia. Successivamente si trasferì a Beirut dove lavorava come insegnante e giornalista. Oggi vive a Parigi. È dunque cresciuto e ha studiato immerso nel clima e nella cultura islamica.
La critica radicale all’islam, in quanto religione filosofia e visione esistenziale e politica, espressa da Adonis è particolarmente interessante, perché non è l’opinione di un occidentale giudicante, bensì una voce autentica che proviene dal mondo e dalla cultura islamiche. La sua è una posizione di un laico molto amante della libertà, che rifiuta le logiche assolutiste dei monoteismi come le impostazioni teocratiche. Per questo attraverso lo sviluppo del suo pensiero è giunto a condannare il senso profondo dell’islam, per come si è protratto e costruito nei secoli, senza assolverlo in quanto lo vive come negazione di ogni umanesimo e di ogni spirito di libertà. L’islam, per come lo descrive, è una imposizione il cui scopo è la sottomissione, la rinuncia a ogni possibilità di critica, l’intolleranza più completa nei confronti di ogni diversità. Il massimo del conformismo reazionario, aggiungo io.
Questo libro è un’intervista, che nel farsi diventa un vero e proprio dialogo, a Adonis da parte di Houria Abdelouahed, psicanalista e traduttrice, studiosa della cultura dei Paesi arabi, insieme alla quale aveva scritto in precedenza Le regard d’Orphée.

Ecco alcune citazioni estrapolate dal testo, che danno un’idea abbastanza precisa del suo pensiero:
... La violenza è un fenomeno comune ai tre monoteismi … Nell’islam c’è soprattutto la violenza del conquistatore … Tutta la storia ce lo testimonia. L’islam s’impose con la forza, dando luogo così a una storia di conquiste. Le persone dovevano convertirsi, oppure pagare un tributo. Perciò nell’islam la violenza nasce già con la sua fondazione … L’Isis non rappresenta una nuova lettura dell’islam, né la costruzione di una nuova cultura o di una nuova civiltà. Incarna soltanto la chiusura, l’ignoranza, l’odio del sapere, l’odio dell’umano e della libertà.
... Una società che non osa esprimersi liberamente non è una società umana. L’uomo è uomo in quanto ha diritto alla libertà, al sapere e alla conoscenza. Ledere questo diritto significa privarlo della sua umanità.
… Secondo la concezione islamica l’altro, il non musulmano, deve scegliere tra due identità: o si dichiara non credente e allora va rifiutato se non ucciso; oppure vive sotto la protezione del regime islamico e in tal caso paga il tributo. … La via dei musulmani non è segnata dalla creazione, ma dal mimetismo e dalla ripetizione. Per l’uomo non c’è alcuna libertà, solo un invito a reiterare. Ogni creazione è un’eresia, ogni eresia conduce all’inferno. … Come diceva l’imam Shāfi‘ī: «Chi spiega il Corano esprimendo la propria opinione personale sbaglia, anche quando ha ragione». L’individuo non deve avere un’opinione, solo la comunità può esprimere un parere. … Essere musulmano significa abbandonare ogni individualità e dissolversi nella comunità. Non c’è alcuna soggettività all’interno dell’islam. … l’islam è una religione indissolubilmente legata al potere, un potere essenzialmente religioso, agli antipodi della vita civile, laica.
… Per fortuna c’è un movimento nel mondo arabo che comincia a rivendicare il proprio ateismo e la libertà di non praticare alcuna religione.
Andreapapi

Giugno 2015

De enciclica et de Francesco

Stimolato dal clamore suscitato al momento della sua uscita, ho letto con la dovuta calma l’ultima enciclica Laudato si’ di papa Francesco. Prevenuto dalla miriade di commenti che l’avevano investita, devo ammettere che di primo acchito mi ha colpito. Abituato dalla storia millenaria della chiesa non è proprio usuale trovare un papa che, con gran semplicità e autorevolezza insieme, redarguisce il potere e dichiara apertamente di schierarsi contro il suo operato.
Al tempo stesso mi sono chiesto se era la particolarità di Francesco soltanto o se si tratta di tutta la chiesa. La domanda non è così banale come all’apparenza può sembrare. L’impostazione della chiesa e la sua propensione politica nel mondo dipendono dalla singola visione del papa oppure il papa, dal momento in cui è eletto deve adeguarsi ad un’impostazione preesistente? Ha veramente senso supporre che, a seconda di chi viene eletto, l’orizzonte e l’operato ecclesiale cambino? Se per esempio fosse stato eletto un para/leghista, xenofobo e tendenzialmente fascistoide, alla Salvini per intenderci, anche il modo di porsi della chiesa sarebbe stato alla Salvini? Guardando le cose come appaiono vien da pensare che potrebbe essere così. Ma se così fosse veramente non saremmo messi troppo bene, perché la politica della chiesa sarebbe emanazione, inderogabile e indiscutibile all’interno, della visionarietà del singolo individuo che di volta in volta viene eletto papa.
Anche se non so come funziona veramente, non essendone parte e non aspirando a farne parte, sono convinto che le cose siano un po’ più complesse e complicate di così. Penso che in realtà il corpus dirigente e quello dottrinario della chiesa, come praticamente è da sempre, ci tenga senz’altro soprattutto a gestire saldamente il potere delle “anime” (belle?) dei vari fedeli, ma anche specularmente di chi non si riconosce in lei, che in questi secoli di sopravanzata secolarizzazione sono la stragrande maggioranza delle persone.
Il fatto è che negli ultimi tempi, scandali pedofilia e corruzioni varie, non le stava andando troppo bene. La sempre al vertice dell’hit parade mondiale chiesa aveva bisogno di uno scossone di tutto rispetto per darsi una “sacrosanta” mossa, che le permettesse di rialzarsi in piedi per riprendere il posto che lei stessa pensa le spetti. Così hanno scelto Bergoglio, attuale papa Francesco, venuto dall’Argentina ed esperto di teologia della liberazione, proprio perché serviva il personaggio che rappresenta, che sa di povertà quanto di acqua e sapone e di bontà genuina, per ridare un volto accreditabile a una chiesa che, coi tempi che corrono, non stava proprio navigando in buone acque. “Santa” lungimiranza dei poteri “eterni”.
Qualche parola in breve nel merito del contenuto dell’enciclica. Nulla di nuovo o di più della coerenza ecologista classica, con punte gradevoli di radicalità, almeno nella potenza del verbo. Francesco ha preso, giustamente, a piene mani da tutto l’armamentario del “verbo” ecologista che da decenni imperversa a vari livelli nella cultura e nella letteratura politica, facendolo con grande saggezza proprio.
E questo è un merito notevole. Ciò che mi garba meno è che riconduca continuamente tutto all’evangelizzazione di sempre. È perfettamente comprensibile dato che si tratta del papa, anche se mi sembra oggettivamente un limite del messaggio perché lo riduce a proselitismo, quello di sempre.
Inoltre mi ha disturbato non poco che nel criticare la distruzione delle biodiversità vi veda innanzitutto una mancanza di accortezza umana perché sta danneggiando gli umani stessi. Riporto (come si dice “papale papale”): «Le diverse specie contengono geni che possono essere risorse-chiave per rispondere in futuro a qualche necessità umana o per risolvere qualche problema ambientale.» (pag. 51) Il problema ecologico e del rapporto tra uomo e animali ridotto ad accortezza coerente per le necessità umane. Poi subito un po’ dopo accusa sostanzialmente la modernità contemporanea di aver incentrato le proprie azioni su visioni antropocentriche, causando il disastro che sta denunciando. Una “sgridata” non troppo simpatica dai campioni storici dell’antropocentrismo, che in nome della specie privilegiata da dio hanno in un certo senso autorizzato l’uomo a fare e disfare la “natura” a proprio piacimento, al di là dell’abile interpretazione anti/antropocentrica che lo stesso Francesco cerca di accreditare.
Andreapapi




Aprile 2015

Racconto a fumetti che molto simpaticamente mette in evidenza la condizione di vita associata del Chiapas, con i suoi problemi quotidiani, con la capacità e la volontà di risolverli. E' essenziale e accattivante e, nonostante gli intenti ne contenessero il pericolo, riesce a non proporsi con la pesantezza di una didattica che rischierebbe di essere saccente. L'ho gradito, soprattutto perché i nemici della libertà potrebbero essere tentati di accusarlo di essere troppo di parte. Ma è proprio questa la sua virtù. Quando si mostra e si pubblicizza la libertà bisogna essere di parte, soprattutto per degli anarchici.
Andreapapi


 
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