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Contro lo jihadismo

Pubblicato da Andrea Papi in no alla guerra · 28/3/2016 11:17:00
Le analisi si susseguono sulla situazione in atto che, sovrastandoci, ci trasmette un senso d’impotenza. Gli studi che se ne fanno cercano di dare risposta a questa valanga di realismo annichilente che sembra volerci travolgere. Personalmente sono convinto che il fenomeno dello jihadismo, cui stiamo assistendo e che tutti stiamo cominciando a vivere direttamente, sia preoccupante soprattutto per i messaggi necrofili e nichilisti che veicola. Non sono in grado di fornire analisi approfondite in grado di scavare a fondo nel tessuto sociale per elaborare spiegazioni convincenti del perché questo fenomeno abbia preso piede, né in realtà m’interessa. Altri, più interessati e quotati di me, lo stanno facendo e forniscono elementi che fanno riflettere. In tal senso il pensiero più affascinante è senz’altro quello di Olivier Roy e Peter Harling, i quali ci suggeriscono, l'uno che si tratta di  nichilismo generazionale di una gioventù affascinata dalla morte, l'altro che non abbiamo a che fare con una radicalizzazione dell’Islam, ma un’islamizzazione del radicalismo. Per quel che mi riguarda sono senz’altro asserzioni fondate e corrispondenti al vero.
Queste analisi però si muovono quasi esclusivamente all’interno di un’ermeneutica sociologica, tendente a cercare responsabilità e colpe oggettive, di conseguenza sminuiscono l’apporto individuale. Gli individui non sono soprattutto burattini, quasi totalmente manovrati da apparati che li inducono ad agire. Senz’altro è un aspetto presente, ma esiste anche la scelta individuale che accetta di farsi condurre. Certamente non ci sono automatismi, altrimenti di fronte agli stessi stimoli e alle stesse induzioni tutti/e risponderebbero e reagirebbero nello stesso modo. Il fatto che di fronte agli stessi stimoli alcuni scelgano una cosa e altri un’altra, mi induce a supporre che la valenza individuale sia molto più pregnante di quello che il sociologismo tenderebbe a farci credere.
È per questo che l’approccio sociologico, pur fornendo una spiegazione sensata del contesto che favorisce, non è esaustivo perché non spiega tutto. A me appare molto più interessante soffermarsi sul livello simbolico dei messaggi che stanno a monte delle scelte e delle azioni ad essi collegate. Con molta semplicità sostengo allora che lo jihadismo è da rifiutare e combattere perché emana messaggi da nemico della libertà, fino a ripudiarne lo stesso concetto. È nemico dell’occidente perché ai suoi occhi è un emanatore della libertà. Esattamente il contrario di quello che pensiamo noi, che consideriamo l’occidente ipocrita, dal momento che mentre a parole inneggia alla libertà nelle sue azioni e nelle sue scelte la ripudia e la impedisce. L’Isis e lo jihadismo, al contrario, lo ritengono propugnatore e emanatore di quella libertà di cui sono nemici.
Lo jihadismo è inoltre sorretto dalla convinzione fanatica di dover imporre teocrazie che vogliono sottomettere e convertire tutti forzatamente. , grande poeta siriano divenuto ateo e vivente a Parigi, lo sottolinea molto bene. Come anarchico sostengo con forza che le teocrazie sono le peggiori dittature, perché rinforzano la già potente mannaia del potere secolare con la mannaia del potere della fede cieca. Così, laddove l’occidente si sorregge sull’ipocrisia perché, al di là delle dichiarazioni di principio, vive di fatto per dare spazio e forza all’avidità di potere e di denaro dei più forti che costringono i più deboli ad essere umiliati e massacrati, lo jihadismo vuole imporre con la forza e la prepotenza un pensiero e un regime teocratici unici, eliminando ogni pensiero ed ogni autonomia individuali.
Per quello che rappresenta non può perciò che essere considerato un nemico, che in quanto tale va rifiutato e combattuto. Essendo anarchico e antimilitarista sono però fermamente convinto che sia profondamente sbagliato contrastarlo e combatterlo sul piano della guerra, innanzitutto perché la guerra è il suo elemento naturale da cui prende senso (jihad significa proprio guerra santa). Naturalmente se si è aggrediti ci si deve difendere, anche con mezzi di contrasto militare se necessario, possibilmente non militaristi, seguendo l’esempio delle/i compagne/i kurde/i in Siria, che fra l’altro risultano vincenti. Il contrasto di fondo si deve svolgere invece sul piano culturale e sperimentale, in opposizione totale alla dittatura di sostanza dello jihadismo, con la sostanza di affermazioni e pratiche di libertà autentica, capaci al contempo di superare e annullare l’ipocrisia endemica dell’occidentalismo capitalista. Al progetto necrofilo e nichilista bisogna allora opporre una credibile e fattiva progettualità di costruzione di reti di socialità e comunità, il sui senso e la cui sostanza siano la libertà delle relazioni tra gli individui, assieme all’apertura creativa verso una pluralità di pensieri e sperimentazioni.
Andreapapi




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