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Le aporie del “Fertility Day”

Pubblicato da Andrea Papi in difesa della razza · 27/9/2016 18:34:00
 Osservando con sguardo cosmopolita viene spontaneo esclamare «Che grossa stupidaggine simile preoccupazione!» A che pro, infatti, essere in apprensione perché nascono meno italiani? La campagna per il “Fertility Day”, com’è stata definita dal ministro Lorenzin che l’ha lanciata, sa di un’epoca in cui gli individui servivano perché lo stato aveva bisogno di “carne da cannone” per le sue guerre. Oppure rimanda alle “glorie” di un passato in estinzione, se non addirittura già estinto, quando l’unica ricchezza che avevano i lavoratori era la prole, cioè i figli, perché erano braccia per lavorare. Per questo si chiamavano “proletari”, possessori di prole appunto. I figli erano importanti per alimentare l’illusione di “rimpinzare” con qualche soldo in più le magre paghe, ineludibile risultato di tante ore di fatica non riconosciuta.
 Questa fregola identitaria sa proprio di retorica nazionalista. Non a caso il fascismo fece campagne efficaci per incentivare le nascite, anche con aiuti monetari. Dovevano servire per avere sempre più manipoli per “servire la patria”, cioè il duce e la sua classe dirigente. Al di là di questo recinto declamatorio un po’ troppo demodé, proviamo a chiederci: «Ma poi chi sono in fondo gli italiani? Esiste veramente il tipo italiano puro, tale che ha senso invocarne la perpetuazione?». Credo che se ci si sforzasse seriamente per trovare la purezza di un’etnia rimasta intatta nei millenni, riconducibile a una concreta e veritiera identificazione di italianità, faremmo un grande buco nell’acqua. Basta leggere un po’ di storici romani per rendersi conto che già fin d’allora proprio Roma, la culla storicamente accertata di una “gloriosa italianità”, sia stata per secoli un veicolo insostituibile di possibilità d’incontri di razze ed etnie diverse, che si sono mescolate annullando felicemente ogni improbabile purezza originaria.
Se c’è un luogo storicamente convalidato e accertato dove concretamente il meticciato ha bellamente trionfato nei millenni, questo è il territorio italico nella sua interezza, con Roma epicentro meravigliosamente fertile d’incontri e mescolanze di ogni tipo. Da questo punto di vista si può azzardare la metafora gioiosa che gli italiani sono il risultato di un’esplosione orgiastica di annichilimento delle identità etniche originarie, ammesso che ce ne siano mai veramente state (cosa di cui dubito seriamente).
Perché dunque invocare un’altra volta la rivendicazione di orgogli nazional/identitari inesistenti, in tempi come questi di globalizzazione, di superamenti territoriali e di sistematici incontri tra individui in ogni dove, in una pluralità di razze, religioni, culture e modi di essere? Sempre di più si viaggia, si conosce e si è curiosi di non rimanere “inchiodati” dietro l’uscio di casa.
 Invece di tentare di salvaguardare ciò che non è possibile custodire in quanto non esiste, perché non si tenta di promuovere il suo contrario, investendoci sopra e valorizzandolo? Invece della difesa di un’immaginaria identità etno/nazionale, che più che una realtà è una costruzione ideologica, perché non si incentiva l’incontro e la mescolanza, non si innesta cioè un cambio di paradigma culturale? Dalla salvaguardia dell’italianità al suo opposto, la promozione del meticciato. Per quel che mi riguarda sarebbe meraviglioso! A poco a poco ci interesserebbe sempre meno essere italiani, mentre saremmo stimolati a diventare, soprattutto culturalmente e psicologicamente, “cittadini del mondo”.
… nostra patria è il mondo intero, nostra legge è la libertà …

Italianità culturale non statale
  Al di là di tutto ci sono comunque dei riferimenti che storicamente ci caratterizzano e possono farci dire che esiste un’italianità identificabile. È ciò che è conosciuto come “italian style”, lo stile italiano. È un insieme di qualità che ci distinguono, che si sono affinate e affermate nei millenni, le quali comprendono le nostre note capacità creative, la mole di produzione artistica, la capacità di scoprire, esplorare e viaggiare, il rinascimento, l’arte, la poesia, la filosofia, il diffuso culto della bellezza. Una distinzione innegabile, che rifulge e di cui siamo fieri. Ma dev’essere chiaro che non si tratta di frutti o prodotti derivati da genialità insite in un’inesistente etnia o razza. Bensì espressioni di individui particolarmente abili e geniali che nei nostri territori hanno trovato le condizioni e il clima che hanno permesso loro di potersi esprimere: il mecenatismo, l’epoca dei comuni e delle signorie, il bisogno di vivere al meglio. Condizioni e clima che sono stati possibili proprio per il continuo mescolarsi e incontrarsi di razze e culture differenti che ha distinto le varie storie italiche. Non a caso l’unità nazionale è venuta soltanto col risorgimento ottocentesco, di fatto imposta dall’occupazione militare sabauda, che ha annesso a sé i vari territori, fino allora vissuti separatamente e frequentemente in conflitto tra loro.

Andreapapi





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